Sono sempre più attuali e accese le discussioni legate al software
Open Source, il
DRM (
Digital rights management) e il
Diritto d'autore (
Copyright).
Quel che mi secca è che ad essere messo in discussione è sempre più il diritto a trarre profitto dalle proprie opere dell'ingegno (che sono anche frutto della propria fatica e lavoro).
Dire che l'opinione pubblica si stia spezzando in due sarebbe riduttivo. Credo che ormai siamo divisi almeno in 3 o in 4 correnti di pensiero principali.
Alla fine dello scorso anno, come ho già evidenziato (
Diritto d'autore: l'inizio della fine.) si è dato il via, in sordina, ad un processo potenzialmente disastroso che fortunatamente non si è concretizzato. Dell'essere ancora salvi dobbiamo probabilmente ringraziare i paletti sapientemente messi in atto dalla
convezione di Berna, ad oggi sottoscritta dalla maggior parte dei paesi del mondo, e le normative europee in termini di
Dirtitto d'autore.
D'altra parte il fatto che vengano avanzate simili proposte (ridurre a 14-15 anni la durata del
Diritto d'autore, ovvero l'autore di un opera perderebbe dopo tale intervallo di tempo ogni diritto esclusivo di sfruttamento economico sulla sua stessa opera) è preocupante solo per essere stata pensata. Anche questa proposta è, purtroppo, uno degli effetti direttamente o indirettamente conseguiti al successo dell'
Open Source. Anche se non era certo uno degli effetti voluti dal mondo dell'
Open Source stesso.
Dall'altro lato le stesse leggi che garantiscono i diritti di noi autori, in certi casi, li rendono più deboli.
In un articolo pubblicato sul sito della
RAI,
IL SOTTOFONDO DELLA SIAE, orientato a capire cos'è la
SIAE e se essa funzioni in modo giusto ed equo, oltre a trasparire che evidentemente l'equità è lontana dall'essere applicata, si evince come l'opinione degli autori venga scarsamente tenuta in considerazione e come tutti gli altri (enti e persone) si arroghino il diritto di poter decidere (o pretendere di poter decidere) ciò che dovrebbe fare l'autore.
Esemplare è il caso della organizzazione di beneficienza, avrebbe voluto esser esentata dal pagamento dei diritti d'autore per un concerto di beneficenza. Il portavoce della
SIAE ricorda (giustamente) all'associazione che essi non possono pretendere di usare le canzoni di un autore a titolo gratuito senza chiedere il permesso al diretto interessato. D'altra parte neppure la SIAE chiede all'autore cosa ne pensa e, intanto, incassa i soldi.
Il risultato, come sempre, è che l'autore non decide un bel niente e il meccanismo gira con o senza la sua approvazione.
Problemi analoghi traspaiono anche nelle licenze
Open Source. In particolare ho letto varie opinioni che argomentano se sia meglio la licenza
BSD o
GPL e che discutono il significato dell'espressione
"software libero".
Una delle licenze
Open Source più vecchie e meno restrittive è appunto la
BSD, che permette di fare praticamente tutto ciò che si desidera dei sorgenti di un software rilasciato con quella licenza. E persino possibile modificare il software e poi venderlo, senza essere costretti a chiedere alcun permesso o pagare alcun diritto d'autore all'autore dell'originale.
Molti degli utilizzatori di questa licenza ritengono che la
GPL (attualmente più famosa, poiché il più noto software che la usa,
Linux, ha avuto un vastissimo successo) non sia stata scritta nel vero spirito
Open Source, perché il software rilasciato con licenza
GPL non è veramente "software libero".
In effetti come obbiettare? La
GPL impone degli obblighi imprescindibili, fra cui il più pesante è quello che un software derivato da un software
GPL deve essere rilasciato anch'esso sotto licenza
GPL. La comunità
GPL sostiene che gli antagonisti
BSDisti, dicono ciò che dicono perché sono invidiosi del successo della
GPL e di
Linux. Ma io non credo a questa teoria.
La
BSD ci permette di scegliere, ci concede il libero arbitrio. La
GPL no! Essa ci impone di continuare a rilasciare i sorgenti del nostro software derivato. Essa impone dei vincoli. E quindi per me è chiaro, un software rilasciato con licenza
GPL non è libero.
Questo non vuol dire che la
GPL debba essere abolita o chissaché. Semplicemente è ora di definire le cose per quello che sono. E il software rilasciato sotto licenza
GPL non è corretto definirlo libero.